Se negli ultimi 200 anni il livello medio degli oceani è aumentato a ritmi più rapidi rispetto agli ultimi 3000 anni, negli ultimi due decenni l’accelerazione è allarmante: 3,4 mm all’anno. Senza una drastica inversione di tendenza nell’utilizzo dei cosiddetti gas serra, entro il 2100 l’aumento del livello del mare modificherà la morfologia del territorio italiano, con una previsione di allagamento fino a 5.500 kmq di pianura costiera.

A lanciare l’allarme è l’Enea, che ha individuato sette nuove aree costiere italiane a rischio inondazione per l’innalzamento del Mar Mediterraneo.

Quali sono le località italiane più in pericolo

Nell’Italia continentale sono state individuate quattro località, tutte sul versante adriatico, tre in Abruzzo (Pescara, Martinsicuro in provincia di Teramo e Fossacesia in provincia di Chieti) e una in Puglia (Lesina in provincia di Foggia). Le altre tre zone individuate sono tutte sulle isole, con differenti estensioni di rischio, dai 6 kmq di perdita di territorio a Granelli (Siracusa), ai circa 2 kmq di Valledoria (Sassari), fino a qualche centinaio di mq a Marina di Campo sull’Isola d’Elba (Livorno).

La mappatura delle 7 nuove aree costiere italiane a rischio inondazione va però ad aggiungersi a quelle già individuate nell’area costiera dell’alto Adriatico compresa tra Trieste, Venezia e Ravenna, nel golfo di Taranto e nelle piane di Oristano e Cagliari. Ma altri tratti a rischio sono stati rilevati in Toscana (Versilia), nel Lazio (Fiumicino, Fondi e altre zone dell’Agro pontino), in Campania (piane del Sele e del Volturno) e in Sicilia (aree costiere di Catania e delle isole Eolie).

Un modello di previsione che combina diversi fattori

Finora le proiezioni di aumento del livello del mare si sono basate su dati dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), che stimano l’innalzamento globale delle acque marine fino a quasi 1 metro al 2100.

“Ma questi dati difettano di dettagli regionali e  per colmare questa lacuna stiamo realizzando un modello unico al mondo”, afferma il climatologo Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio di Modellistica climatica e impatti dell’Enea.

Il modello combina diversi fattori, come la fusione dei ghiacci terrestri, principalmente da Groenlandia e Antartide, l’espansione termica dei mari e degli oceani per l’innalzamento della temperatura del Pianeta, l’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi e dalle maree, ma anche l’isostasia e i movimenti tettonici verticali che caratterizzano l’Italia.

Il Mediterraneo, un mare che somiglia a un grande lago

Il nuovo modello climatico, su cui sta lavorando l’Enea in collaborazione con il Mit di Boston e la comunità scientifica italiana, integra dati oceanografici, geologici e geofisici per previsioni di innalzamento del livello del Mediterraneo molto dettagliate e a breve termine.

Il Mediterraneo assomiglia più a un lago che a un mare, “in quanto bacino semichiuso alimentato principalmente dall’Oceano Atlantico – spiega Sannino – ma anche dal Mar Nero attraverso lo Stretto dei Dardanelli. Questo travaso di acque avviene perché l’Atlantico è più alto di 20 cm e il Mar Nero di 50 cm rispetto al Mediterraneo”. Il cui livello è comunque stimato in crescita per l’aumento delle temperature.