Con il ricorso sempre più massiccio al telelavoro aumentano anche le richieste di visite e consigli ai dermatologi. Ma cosa c’entra lo smart working con la dermatologia? Di fatto, le continue riunioni di lavoro, i meeting, ma anche altre forme di condivisione a distanza sulle varie piattaforme digitali, hanno generato quello che dagli esperti è stato denominato come dismorfia da Zoom.

Si tratta di un nuovo fenomeno che i dermatologi americani stanno osservando dopo i mesi di emergenza legata al coronavirus e di lavoro a distanza. In sostanza, a furia di vedere la propria immagine continuamente sullo schermo di pc, tablet e cellulari durante meeting e riunioni, ci si convince che qualcosa nel nostro aspetto non vada. Si iniziano a notare molti dettagli del proprio volto prima considerati quasi insignificanti, cosa che sta spingendo molte persone a rivolgersi a uno specialista.

La pandemia ha cambiato la frequenza con cui ci confrontiamo con la nostra immagine

Lo rileva un articolo di alcune specialiste dermatologhe del Massachusetts General Hospital, pubblicato su Facial Plastic Surgery & Aesthetic Medicine. “La pandemia – spiega in un commento all’articolo il dottor Benjamin Marcus, dell’Università del Wisconsin – ha cambiato radicalmente la frequenza con cui ci confrontiamo con la nostra immagine. Il passaggio al lavoro online, all’apprendimento e persino alla socializzazione ha aumentato notevolmente il tempo che abbiamo per osservarci”.

Una risposta comparativa autocritica

La dismorfia, è una condizione psicologica per cui i pazienti si fissano su una o più caratteristiche del proprio aspetto esteriore, notando imperfezioni o difetti che per altre persone appaiono minimi o inesistenti. “Una vita sproporzionatamente trascorsa su Zoom – aggiunge una delle autrici dello studio, Arianne Shadi Kourosh – può innescare una risposta comparativa autocritica, che porta a correre dal medico per trattamenti che non si sarebbero considerati prima di aver passato mesi di fronte a uno schermo, un nuovo fenomeno chiamato appunto dismorfia da Zoom”.

Un’ondata di pazienti che citano il loro aspetto su Zoom

Gli autori spiegano nell’articolo di aver notato un’ondata di pazienti che citano proprio il loro aspetto su Zoom come motivo per rivolgersi al medico, in particolare per quanto riguarda difetti come l’acne e le rughe. Su Google, poi, spiegano gli specialisti, sono in aumento le ricerche relative proprio all’acne e alla perdita di capelli.

Questo però potrebbe anche essere dovuto al fatto che vedendosi costantemente in video le persone diventano semplicemente più consapevoli del loro aspetto.